Categoria: Attualità

  • ROTTA COMUNE. L’europa che salva. Firma ora il nostro appello

    ROTTA COMUNE. L’europa che salva. Firma ora il nostro appello

    Rotta comune: l’Europa che salva

    Negli ultimi anni l’Europa ha progressivamente trasformato il salvataggio di vite umane in mare in una questione di sicurezza, più vicina alla criminalizzazione che alla tutela dei diritti. Con “Rotta comune”, Open Arms lancia una campagna di informazione e sensibilizzazione per riportare al centro il valore della solidarietà e il dovere collettivo di salvare vite.
     

    Il mare che divide due Europe

    I dati ufficiali mostrano un cambiamento profondo nel modo in cui vengono gestite le operazioni in mare: oltre il 58% dei soccorsi dal 2019 è stato classificato dalle istituzioni italiane come operazione di polizia invece che come ricerca e soccorso. Una scelta che modifica la percezione pubblica e politica del soccorso, trasformando un atto umanitario in un presunto problema di ordine pubblico.
     

    Così, mentre in Europa si investe in corridoi umanitari e programmi legali di protezione, in mare chi salva rischia sequestri, indagini e porti sempre più lontani. Tra il 2023 e il 2025 quasi la metà degli arrivi via mare è stata gestita come operazione di law enforcement, segnando una deriva securitaria che allontana l’Europa dai suoi valori fondativi.
     

    Chi salva, paga il prezzo

    Dal 2023 le ONG hanno garantito migliaia di salvataggi, pur rappresentando solo una parte delle operazioni totali. Eppure sono proprio loro le più penalizzate: sequestri, fermi amministrativi, limitazioni operative che indeboliscono la capacità di intervento nel tratto di mare più letale al mondo.
     Solo negli ultimi anni, il Decreto Piantedosi ha generato oltre 700 giorni di stop imposto alle navi umanitarie, riducendo drasticamente la possibilità di salvare vite.

    Chi salva, paga il prezzo. Ma a pagare davvero è l’Europa, che affonda insieme ai suoi valori”, ricorda Òscar Camps, fondatore di Open Arms.

    Il linguaggio che cambia la realtà

    Parole come “pirati”, “taxi del mare”, “clandestini” hanno alimentato una narrazione tossica che distorce la realtà del soccorso e semina diffidenza.
     Cambiare linguaggio significa cambiare percezione: riconoscere la dignità delle persone migranti, restituire legittimità a chi salva, ricostruire un immaginario basato su responsabilità e umanità.


    Una rotta che parte dal mare e arriva all’Europa
     

    “Rotta comune” nasce per unire simbolicamente ciò che oggi è diviso: soccorso e accoglienza, mare e terraferma, istituzioni e società civile. La campagna offre dati, testimonianze, strumenti informativi e iniziative pubbliche per riaprire un dibattito urgente: l’Europa deve dotarsi di una missione comune di ricerca e soccorso e riconoscere che salvare vite non è un reato, ma un dovere.

    Serve una rotta unica, che parta dal mare e arrivi alla terraferma, passando per la dignità”, afferma Camps.
     Perché finché salvare sarà trattato come un crimine, l’Europa continuerà ad allontanarsi da ciò che la definisce.

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    Aiutaci a difendere il diritto di essere salvati e il dovere di salvare.
    Insieme possiamo costruire un’Europa all’altezza dei suoi valori.

  • Matteo Salvini assolto in via definitiva, Maurizio Belpietro condannato per diffamazione per averci chiamati pirati.

    Matteo Salvini assolto in via definitiva, Maurizio Belpietro condannato per diffamazione per averci chiamati pirati.

    Il processo contro l’ex ministro dell’interno italiano Matteo Salvini per quanto accaduto durante la missione 65 nell’agosto del 2019 si è chiuso in via definitiva.

    Dopo quattro anni di ricorsi ed energie dedicati a questo processo, dopo aver chiesto giustizia, raccontato i fatti e fornito testimonianze, la Corte Suprema italiana ha deciso che nessuno è responsabile dell’inferno vissuto da quelle 147 persone, rimaste per 19 giorni in mare senza un porto sicuro dove sbarcare.

    Un processo può finire, ma non la nostra lotta né la nostra memoria.

    Dall’altro lato, Maurizio Belpietro, direttore della rivista Panorama in Italia, è stato condannato per diffamazione per aver definito “pirati” le organizzazioni umanitarie che operano in mare, in copertina sulla sua rivista nel novembre 2022.

    Belpietro dovrà risarcire Open Arms, AOI – Rete Nazionale, EMERGENCY, Sea-Watch e altre ONG coinvolte.

    La giustizia riconosce che la solidarietà non è un crimine e che la diffamazione contro chi salva vite ha conseguenze.

    Un risultato positivo e uno negativo, ma il messaggio è chiaro: chi cerca di impedire il rispetto dei diritti umani agisce sempre contro la vita e la verità.

    Open Arms continuerà a difendere l’umanità in ogni salvataggio, in ogni denuncia e in ogni azione, perché salvare vite non è negoziabile.

  • Il salvataggio su una piattaforma petrolifera segna il momento più critico della Missione 118

    Il salvataggio su una piattaforma petrolifera segna il momento più critico della Missione 118

    Mediterraneo Centrale, giugno 2025 – La Missione 118 della nave a vela Astral, dell’organizzazione umanitaria Open Arms, si è conclusa dopo aver effettuato tre operazioni di salvataggio che hanno permesso di salvare la vita a 169 persone in mare, tra cui donne, minori e due neonati. Tre interventi in condizioni estreme che riportano l’attenzione su una rotta migratoria tanto letale quanto dimenticata.

    Il primo salvataggio ha avuto luogo il 31 maggio, dopo il ritrovamento da parte dell’aereo Seabird (Sea-Watch) di un’imbarcazione alla deriva con 29 persone di nazionalità eritrea, senza rotta né mezzi di protezione. L’equipaggio dell’Astral ha fornito giubbotti salvagente e assistito i naufraghi fino al loro trasferimento sicuro alle autorità competenti.

    La seconda operazione è stata avviata nella notte del 5 giugno, nella zona SAR libica. A bordo di un’imbarcazione precaria, senza acqua, cibo né carburante, si trovavano 86 persone — tra cui 8 donne, 10 minori e un neonato — dopo due giorni alla deriva. Avvisati via radio, i team di Open Arms hanno effettuato un salvataggio d’emergenza, comprese operazioni in acqua, prestando immediata assistenza alle persone soccorse.

    Il salvataggio più critico è avvenuto tra il 7 e l’8 giugno, quando un allarme congiunto di Alarm Phone e Seabird ha condotto l’Astral fino a una piattaforma petrolifera abbandonata. Lì, 54 persone, tra cui 5 donne, 2 bambini e 2 neonati, erano riuscite a rifugiarsi dopo il naufragio. Una delle donne ha partorito sulla stessa piattaforma, senza assistenza medica, dopo più di tre giorni intrappolate in condizioni estreme. Tutte sono state evacuate con successo e assistite a bordo.

    Con 169 vite salvate, la Missione 118 dimostra ancora una volta l’urgente necessità di un sistema di ricerca e salvataggio efficace, coordinato e centrato sui diritti umani. In assenza di risposte istituzionali, la società civile continua a colmare un vuoto inaccettabile.

  • Il 20 dicembre la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms

    Il 20 dicembre la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms

    Dopo 3 anni di processo, per un totale di 24 udienze che hanno visto l’audizione di 45 testimoni, il 20 dicembre, dalle 9.30 presso il tribunale della Casa Circondariale “Pagliarelli” di Palermo, si terrà la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms.

    L’ex ministro dell’Interno e attuale ministro dei trasporti è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, dopo aver impedito per 19 giorni lo sbarco di 147 persone, tra cui minori, soccorse dalla ONG Open Arms nel corso di 3 salvataggi nell’agosto 2019.

    6 anni di reclusione oltre alle pene accessorie è stata – durante l’udienza del 14 settembre 2024 – la richiesta dei PM della Procura della Repubblica di Palermo per l’attuale Vicepremier che all’epoca dei fatti era a capo del Viminale, imputato del processo in riferimento alla missione 65 della ONG Open Arms svoltasi ad agosto del 2019.  

    La vicenda processuale prese avvio nel novembre del 2019 con la richiesta da parte del Procuratore della Repubblica di Palermo – sulla scorta delle notizie acquisite dalla Procura della Repubblica di Agrigento – al Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Palermo, di procedere con le indagini nei confronti del senatore Matteo Salvini, già Ministro dell’interno, in relazione a diverse ipotesi di reato inerenti ai fatti avvenuti nell’agosto dello stesso anno, relativi allo sbarco di migranti di varie nazionalità, giunti in prossimità delle coste di Lampedusa a bordo della nave Open Arms. 

    Un processo unico nel suo genere, che vede un Ministro imputato per azioni compiute in relazione alla sua carica, per il quale i PM di Palermo hanno chiesto l’affermarsi della penale responsabilità dell’imputato con vincolo della continuazione tra i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio dato, hanno motivato, “L’Intenzionale e consapevole spregio delle regole e diniego consapevole e volontario verso la libertà personale di 147 persone”.

    Sulla vicenda si sono già espressi il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, che nell’agosto del 2019, sospese il divieto interministeriale con il quale si impediva alla nave Open Arms di fare ingresso nelle acque territoriali italiane; la Procura della Repubblica di Agrigento, che dispose il sequestro della nave in cui si trovavano i naufraghi soccorsi impediti a scendere a terra; il Tribunale dei Ministri di Palermo, che ha svolto le indagini sulle ipotesi di reato e ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini; il Senato della Repubblica che ha accolto la richiesta del Tribunale; il Giudice delle indagini preliminari che ha rinviato al dibattimento l’imputato e la Procura della Repubblica di Palermo che ha concluso per la condanna per entrambi i capi di imputazione.  

    La sentenza è quindi attesa per il 20 dicembre a Palermo, dove presso il tribunale della Casa Circondariale “Pagliarelli”, si terrà l’udienza conclusiva del primo grado di giudizio. All’udienza sarà presente Oscar Camps, fondatore della ONG Open Arms, l’Avvocato Arturo Salerni.

     

    SILVIA BELLUCCI

    UFFICIO STAMPA OPEN ARMS

    +39 3461561637

  • Open Arms compie 8 anni e vogliamo continuare a salvare vite con voi

    Open Arms compie 8 anni e vogliamo continuare a salvare vite con voi

    Nonostante gli sforzi della società civile organizzata, più di 28.000 vite sono sprofondate nel più grande cimitero liquido del pianeta a causa della deliberata inazione dei governi e delle istituzioni della #FortressEurope. Quante altre vite si sarebbero potute salvare con il coinvolgimento degli Stati?

    In questi anni, solo la solidarietà e la mobilitazione dei cittadini hanno dimostrato ancora una volta che i valori dell’umanità, dell’empatia e del rispetto per la vita umana non sono lettera morta, ma piuttosto i pilastri fondamentali su cui si basa la convivenza pacifica e democratica, e su cui un tempo si fondava l’Unione Europea.

    Oggi celebriamo anche tutte le persone che, come voi, ci hanno aiutato ad arrivare fin qui. E continueremo a impegnarci per salvare vite in mare e a terra e per difendere i diritti delle persone in situazioni di vulnerabilità, finché non saranno garantite rotte legali e sicure per tutti!

    UNISCITI ALLA NOSTRA CAUSA. HANNO BISOGNO DI TE

     

    Fotografia: Fernando del Berro

  • fermo amministrativo per 20 giorni e multa per open arms dopo lo sbarco di 195 persona a carrara

    fermo amministrativo per 20 giorni e multa per open arms dopo lo sbarco di 195 persona a carrara

    Pochi giorni dopo, durante l’ultima Missione 105, la Open Arms ha effettuato 3 operazioni di salvataggio in acque internazionali del Mediterraneo centrale, salvando un totale di 196 persone, tra cui 15 donne e 19 minori non accompagnati. Dopo aver tratto in salvo le prime 26 persone che viaggiavano su un’imbarcazione molto precaria, ci è stato assegnato il porto di Carrara come PoS, a più di 600 miglia di distanza e a 4 giorni di navigazione dalla zona in cui ci trovavamo. 

    Durante il tragitto abbiamo ricevuto una segnalazione da parte di Alarm Phone di altre 2 imbarcazioni in pericolo a sud della nostra posizione, confermata dall’ONG Sea-Watch grazie alla ricognizione sulla zona dei suoi aerei Seabird2.

    Data la mancata risposta da parte dei centri di coordinamento marittimo italiani, che erano stati allertati insieme a Open Arms, siamo andati a fornire assistenza in base a quanto previsto dalle convenzioni internazionali e dal diritto marittimo internazionale. 

    Arrivati nei pressi di uno dei casi segnalati, l’MRCC italiano ha insistito affinché abbandonassimo la ricerca e procedessimo verso il porto assegnato, poiché, a detta loro, le autorità competenti si stavano occupando del caso. Tuttavia, alla richiesta da parte nostra di maggiori dettagli- come l’orario di arrivo delle loro motovedette sul posto-, non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

    Dunque il nostro rimorchiatore è arrivato nella zona e ha effettuato il salvataggio di 132 persone. Durante l’operazione, durata più di 2 ore, nessuna autorità è intervenuta. Successivamente abbiamo proceduto al salvataggio del secondo caso di cui eravamo stati allertati, portando a bordo dell’Open Arms un totale di 196 persone. Dopo una breve sosta a Lampedusa per effettuare l’evacuazione sanitaria di un giovane in condizioni mediche critiche, la nostra nave è arrivata martedì mattina al porto di Carrara.

    Dopo aver ascoltato per oltre 6 ore le testimonianze del Capitano, del Coordinatore SAR e del Primo Ufficiale a bordo, le autorità italiane hanno imposto alla nave Open Arms un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa che può arrivare fino a 10.000 euro.

    La portata di quanto accaduto è sconcertante. Sanzionare una nave umanitaria perché svolge la propria missione di salvare vite umane in mare non solo va contro le convenzioni internazionali e il diritto del mare, ma conferma anche la mancanza di regole nell’ambito marittimo e un profondo disprezzo per la vita umana.

    Salvare donne, bambini e uomini in pericolo non è un’opzione, bensì un dovere morale e legale a cui deve attenersi chiunque venga a conoscenza di una situazione di pericolo in mare.

    Fermare la Open Arms per 20 giorni, in un momento in cui la crisi umanitaria in mare è al suo culmine, è una decisione estremamente rischiosa, carica di profonde conseguenze.

    Dall’inizio del 2023 nel Mediterraneo sono morte più di 2.264 persone. Senza la presenza delle organizzazioni umanitarie che operano in mare, e che spesso agiscono al posto delle istituzioni, le vite umane perse in fondo al mare saranno ancora di più.

     

    Se salvare vite umane è un crimine, non c’è momento migliore per unirti alla nostra banda. Diventa un criminale #FreeOpenArms

    UNISCITI ALLA NOSTRA BANDA. HANNO BISOGNO DI TE

  • Si conclude la Missione 101 di Open Arms con 299 persone salvate

    Si conclude la Missione 101 di Open Arms con 299 persone salvate

    Dopo poche ore abbiamo ricevuto nuovamente istruzioni dalle autorità italiane, che ci chiedevano di ispezionare la situazione di altre imbarcazioni che si trovavano a poca distanza dalla nostra nave. Arrivati ​​sul luogo indicato, ci siamo trovati di fronte uno scenario complicato, con 6 imbarcazioni precarie, sovraccariche e in difficoltà. Su richiesta delle autorità italiane, abbiamo fornito assistenza fino all’arrivo della Guardia Costiera. Successivamente, abbiamo soccorso 4 di quelle imbarcazioni e preso a bordo altre 185 persone, che erano salpate da Sfax, in Tunisia.

     

    Dopo i 6 soccorsi, effettuati nella stessa giornata, a bordo della Open Arms erano presenti 299 persone, tra cui 26 donne (alcune in stato avanzato di gestazione) e 89 minori (tra cui una bambina di 5 anni), in gran parte non accompagnati. I principali Paesi di provenienza delle persone soccorse erano Sudan, Eritrea, Egitto, Etiopia, Siria, Tunisia, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal, Nigeria, Burkina Faso, Mali ed Egitto.

     

    Nonostante la collaborazione della nostra organizzazione con le autorità italiane, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di assegnarci ancora una volta un porto di sbarco (in questo caso Brindisi) molto più lontano da qualsiasi altro porto in Sicilia o in Calabria, regioni più vicine alla zona di intervento, nel chiaro tentativo di proseguire con la strategia contro le Ong che lavorano in mare e mostrando un totale disprezzo nei confronti delle persone soccorse in mare.

     

    Dopo 3 giorni di navigazione, le 299 persone soccorse dalla Open Arms sono potute sbarcare in sicurezza a Brindisi.

     

    LA TUNISIA STA DIVENTANDO UNA NUOVA LIBIA

     

    Secondo le testimonianze delle persone soccorse da Open Arms nelle ultime missioni, la Tunisia sta diventando sempre più un inferno in terra, proprio come la Libia: espulsioni forzate, abusi, abbandono di uomini, donne e bambini nel deserto senza acqua né cibo, xenofobia e violenza da parte delle autorità nordafricane nei confronti dei migranti neri.

     

    Ma il governo italiano e le istituzioni UE continuano a finanziare il regime tunisino e quello libico affinché facciano il “lavoro sporco”. In questo contesto, saranno sempre più le persone che nell’immediato futuro decideranno di mettersi in mare, rischiando così la propria vita, data l’impossibilità di farlo legalmente e in sicurezza. Solo quest’anno sono già più di 1.895 le persone affogate nella fossa comune più grande del pianeta.

     

    Per questa ragione, dopo aver effettuato rifornimento e cambiato l’equipaggio, la Open Arms farà nuovamente rotta verso il Mediterraneo centrale per la Missione 102. Perché salvare vite umane e difendere la dignità delle persone in situazione di vulnerabilità è la nostra missione da ormai quasi 8 anni.

     

    Tutto questo non sarebbe possibile senza l’aiuto e il supporto della società civile, delle persone che ci aiutano da terra, diffondendo e sostenendo il nostro lavoro. Ora più che mai abbiamo bisogno di persone come te che ci aiutino a denunciare ciò che sta accadendo nel Mediterraneo e a salvare le persone che i governi e la UE abbandonano in mare.

  • 117 persone salvate e centinaia soccorse durante la Missione 100 di Open Arms

    117 persone salvate e centinaia soccorse durante la Missione 100 di Open Arms

    Proseguendo nella sua strategia di intimidazione alle organizzazioni della società civile che rispettano la legislazione marittima internazionale e la protezione della vita in mare, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di assegnarci come porto di sbarco quello di Livorno, che si trova a 650 miglia nautiche dalla zona del salvataggio, tre volte più lontano del porto sicuro più vicino, in Sicilia, che ci avrebbero dovuto assegnare secondo i trattati internazionali. Un altro esempio del cinismo e del disprezzo per la sofferenza dei più vulnerabili da parte delle autorità italiane.

    Durante la navigazione verso il porto di Livorno, l’Open Arms ha individuato altre 4 imbarcazioni precarie e sovraccariche e ha fornito assistenza alle 149 persone a bordo fino all’arrivo della Guardia Costiera.

    Infine, dopo 5 giorni di navigazione, le 117 persone salvate dall’Open Arms hanno potuto sbarcare in sicurezza a Livorno.

    Tuttavia, finora nel 2023 sono già state perse più di 1.807 vite innocenti nel fondo di questa enorme fossa comune. L’estate è appena iniziata e ci troviamo di fronte a una delle peggiori crisi degli ultimi anni. La situazione di instabilità e di conflitto in Libia e Tunisia, unita alla buona climatologia, spingeranno molte altre persone ad attraversare il Mediterraneo, a causa dell’impossibilità di farlo legalmente e in sicurezza.

    Per questo, dopo il cambio di equipaggio e il rifornimento, l’Open Arms riprenderà il suo viaggio verso il Mediterraneo centrale nella Missione 101.

    Perché proteggere le vite in pericolo è la nostra missione, il nostro impegno e la nostra responsabilità. Oggi, più che mai, sei fondamentale per la nostra squadra e abbiamo bisogno che tu sia con noi in ogni missione. Senza il tuo sostegno, non sarà possibile.

     

    Autore delle foto:
    Joan Mateu Parra

  • La nave Open Arms ritorna nel Mediterraneo centrale per la Missione 100

    La nave Open Arms ritorna nel Mediterraneo centrale per la Missione 100

    Proteggere vite in pericolo è la nostra missione, il nostro impegno e il nostro obbligo. Perché quando in mare c’è in gioco la vita delle persone, ci sono solo due opzioni: proteggerle o lasciarle morire.

    Dal 2014, più di 26.912 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo, che è diventato la più grande fossa comune del pianeta. Per questo torniamo lì, perché soccorrere significa salvare vite, ma anche garantire loro la dignità a cui hanno diritto tutte le persone, da qualunque parte provengano.

    Oggi più che mai hai un ruolo fondamentale nella nostra squadra e abbiamo bisogno di te in ogni missione. Senza il tuo supporto, non ce la faremmo.

  • Oscar Camps testimone nella nuova udienza del processo contro Salvini

    Oscar Camps testimone nella nuova udienza del processo contro Salvini

    Questa udienza è stata particolarmente importante perché ha rappresentato un’occasione per comprendere meglio quanto stabilito dalla Legge che regola il salvataggio marittimo; quali sono stati e sono oggi gli obblighi dei governi e delle navi in ​​mare, nonché le carenze e le inefficienze che continuano a caratterizzare la condotta delle autorità.

    Ricostruire le vicende di quei giorni è servito a comprendere meglio la catena di responsabilità che in questi anni ha reso il Mediterraneo la frontiera più letale del mondo a causa del deliberato disinteresse delle istituzioni europee, della mancanza di operazioni governative di ricerca e soccorso, e per gli accordi criminali stipulati con paesi instabili dove i diritti umani e la vita sono sistematicamente violati.