Tag: Missioni

  • El rescate en una plataforma petrolífera marca el momento más crítico de la Misión 118

    El rescate en una plataforma petrolífera marca el momento más crítico de la Misión 118

    Mediterráneo Central, junio de 2025 – La Misión 118 del velero Astral, de la organización humanitaria Open Arms, ha concluido tras llevar a cabo tres operaciones de rescate que permitieron proteger la vida de 169 personas en el mar, entre ellas mujeres, menores y dos recién nacidos. Tres intervenciones en condiciones extremas que vuelven a poner el foco sobre una ruta migratoria tan letal como olvidada.

    El primer rescate tuvo lugar el 31 de mayo, tras la localización por parte del avión Seabird (Sea-Watch) de una embarcación a la deriva con 29 personas de nacionalidad eritrea, sin rumbo ni medios de protección. La tripulación del Astral entregó chalecos salvavidas y asistió a los náufragos hasta su traspaso seguro a las autoridades competentes.

    La segunda operación se activó en la noche del 5 de junio, en la zona SAR libia. A bordo de una embarcación precaria, sin agua, comida ni combustible, se encontraban 86 personas —entre ellas 8 mujeres, 10 menores y un bebé— tras dos días a la deriva. Alertados por radio, los equipos de Open Arms llevaron a cabo un rescate de emergencia, incluyendo intervenciones en el agua, y prestaron atención inmediata a las personas rescatadas.

    El rescate más crítico ocurrió entre el 7 y 8 de junio, cuando una alerta conjunta de Alarm Phone y Seabird condujo al Astral hasta una plataforma petrolera abandonada. Allí, 54 personas, incluyendo 5 mujeres, 2 niños y 2 recién nacidos, habían logrado refugiarse tras naufragar. Una de las mujeres dio a luz en la propia plataforma, sin asistencia médica, tras más de tres días atrapadas en condiciones extremas. Todas fueron evacuadas con éxito y atendidas a bordo.

    Con 169 vidas protegidas, la Misión 118 vuelve a demostrar la necesidad urgente de un sistema de búsqueda y rescate eficaz, coordinado y centrado en los derechos humanos. En ausencia de respuestas institucionales, la sociedad civil sigue cubriendo un vacío inaceptable.

  • Il 20 dicembre la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms

    Il 20 dicembre la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms

    Dopo 3 anni di processo, per un totale di 24 udienze che hanno visto l’audizione di 45 testimoni, il 20 dicembre, dalle 9.30 presso il tribunale della Casa Circondariale “Pagliarelli” di Palermo, si terrà la sentenza del processo a carico di Matteo Salvini per il caso Open Arms.

    L’ex ministro dell’Interno e attuale ministro dei trasporti è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, dopo aver impedito per 19 giorni lo sbarco di 147 persone, tra cui minori, soccorse dalla ONG Open Arms nel corso di 3 salvataggi nell’agosto 2019.

    6 anni di reclusione oltre alle pene accessorie è stata – durante l’udienza del 14 settembre 2024 – la richiesta dei PM della Procura della Repubblica di Palermo per l’attuale Vicepremier che all’epoca dei fatti era a capo del Viminale, imputato del processo in riferimento alla missione 65 della ONG Open Arms svoltasi ad agosto del 2019.  

    La vicenda processuale prese avvio nel novembre del 2019 con la richiesta da parte del Procuratore della Repubblica di Palermo – sulla scorta delle notizie acquisite dalla Procura della Repubblica di Agrigento – al Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Palermo, di procedere con le indagini nei confronti del senatore Matteo Salvini, già Ministro dell’interno, in relazione a diverse ipotesi di reato inerenti ai fatti avvenuti nell’agosto dello stesso anno, relativi allo sbarco di migranti di varie nazionalità, giunti in prossimità delle coste di Lampedusa a bordo della nave Open Arms. 

    Un processo unico nel suo genere, che vede un Ministro imputato per azioni compiute in relazione alla sua carica, per il quale i PM di Palermo hanno chiesto l’affermarsi della penale responsabilità dell’imputato con vincolo della continuazione tra i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio dato, hanno motivato, “L’Intenzionale e consapevole spregio delle regole e diniego consapevole e volontario verso la libertà personale di 147 persone”.

    Sulla vicenda si sono già espressi il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, che nell’agosto del 2019, sospese il divieto interministeriale con il quale si impediva alla nave Open Arms di fare ingresso nelle acque territoriali italiane; la Procura della Repubblica di Agrigento, che dispose il sequestro della nave in cui si trovavano i naufraghi soccorsi impediti a scendere a terra; il Tribunale dei Ministri di Palermo, che ha svolto le indagini sulle ipotesi di reato e ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini; il Senato della Repubblica che ha accolto la richiesta del Tribunale; il Giudice delle indagini preliminari che ha rinviato al dibattimento l’imputato e la Procura della Repubblica di Palermo che ha concluso per la condanna per entrambi i capi di imputazione.  

    La sentenza è quindi attesa per il 20 dicembre a Palermo, dove presso il tribunale della Casa Circondariale “Pagliarelli”, si terrà l’udienza conclusiva del primo grado di giudizio. All’udienza sarà presente Oscar Camps, fondatore della ONG Open Arms, l’Avvocato Arturo Salerni.

     

    SILVIA BELLUCCI

    UFFICIO STAMPA OPEN ARMS

    +39 3461561637

  • Si conclude la Missione 101 di Open Arms con 299 persone salvate

    Si conclude la Missione 101 di Open Arms con 299 persone salvate

    Dopo poche ore abbiamo ricevuto nuovamente istruzioni dalle autorità italiane, che ci chiedevano di ispezionare la situazione di altre imbarcazioni che si trovavano a poca distanza dalla nostra nave. Arrivati ​​sul luogo indicato, ci siamo trovati di fronte uno scenario complicato, con 6 imbarcazioni precarie, sovraccariche e in difficoltà. Su richiesta delle autorità italiane, abbiamo fornito assistenza fino all’arrivo della Guardia Costiera. Successivamente, abbiamo soccorso 4 di quelle imbarcazioni e preso a bordo altre 185 persone, che erano salpate da Sfax, in Tunisia.

     

    Dopo i 6 soccorsi, effettuati nella stessa giornata, a bordo della Open Arms erano presenti 299 persone, tra cui 26 donne (alcune in stato avanzato di gestazione) e 89 minori (tra cui una bambina di 5 anni), in gran parte non accompagnati. I principali Paesi di provenienza delle persone soccorse erano Sudan, Eritrea, Egitto, Etiopia, Siria, Tunisia, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal, Nigeria, Burkina Faso, Mali ed Egitto.

     

    Nonostante la collaborazione della nostra organizzazione con le autorità italiane, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di assegnarci ancora una volta un porto di sbarco (in questo caso Brindisi) molto più lontano da qualsiasi altro porto in Sicilia o in Calabria, regioni più vicine alla zona di intervento, nel chiaro tentativo di proseguire con la strategia contro le Ong che lavorano in mare e mostrando un totale disprezzo nei confronti delle persone soccorse in mare.

     

    Dopo 3 giorni di navigazione, le 299 persone soccorse dalla Open Arms sono potute sbarcare in sicurezza a Brindisi.

     

    LA TUNISIA STA DIVENTANDO UNA NUOVA LIBIA

     

    Secondo le testimonianze delle persone soccorse da Open Arms nelle ultime missioni, la Tunisia sta diventando sempre più un inferno in terra, proprio come la Libia: espulsioni forzate, abusi, abbandono di uomini, donne e bambini nel deserto senza acqua né cibo, xenofobia e violenza da parte delle autorità nordafricane nei confronti dei migranti neri.

     

    Ma il governo italiano e le istituzioni UE continuano a finanziare il regime tunisino e quello libico affinché facciano il “lavoro sporco”. In questo contesto, saranno sempre più le persone che nell’immediato futuro decideranno di mettersi in mare, rischiando così la propria vita, data l’impossibilità di farlo legalmente e in sicurezza. Solo quest’anno sono già più di 1.895 le persone affogate nella fossa comune più grande del pianeta.

     

    Per questa ragione, dopo aver effettuato rifornimento e cambiato l’equipaggio, la Open Arms farà nuovamente rotta verso il Mediterraneo centrale per la Missione 102. Perché salvare vite umane e difendere la dignità delle persone in situazione di vulnerabilità è la nostra missione da ormai quasi 8 anni.

     

    Tutto questo non sarebbe possibile senza l’aiuto e il supporto della società civile, delle persone che ci aiutano da terra, diffondendo e sostenendo il nostro lavoro. Ora più che mai abbiamo bisogno di persone come te che ci aiutino a denunciare ciò che sta accadendo nel Mediterraneo e a salvare le persone che i governi e la UE abbandonano in mare.

  • 117 persone salvate e centinaia soccorse durante la Missione 100 di Open Arms

    117 persone salvate e centinaia soccorse durante la Missione 100 di Open Arms

    Proseguendo nella sua strategia di intimidazione alle organizzazioni della società civile che rispettano la legislazione marittima internazionale e la protezione della vita in mare, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di assegnarci come porto di sbarco quello di Livorno, che si trova a 650 miglia nautiche dalla zona del salvataggio, tre volte più lontano del porto sicuro più vicino, in Sicilia, che ci avrebbero dovuto assegnare secondo i trattati internazionali. Un altro esempio del cinismo e del disprezzo per la sofferenza dei più vulnerabili da parte delle autorità italiane.

    Durante la navigazione verso il porto di Livorno, l’Open Arms ha individuato altre 4 imbarcazioni precarie e sovraccariche e ha fornito assistenza alle 149 persone a bordo fino all’arrivo della Guardia Costiera.

    Infine, dopo 5 giorni di navigazione, le 117 persone salvate dall’Open Arms hanno potuto sbarcare in sicurezza a Livorno.

    Tuttavia, finora nel 2023 sono già state perse più di 1.807 vite innocenti nel fondo di questa enorme fossa comune. L’estate è appena iniziata e ci troviamo di fronte a una delle peggiori crisi degli ultimi anni. La situazione di instabilità e di conflitto in Libia e Tunisia, unita alla buona climatologia, spingeranno molte altre persone ad attraversare il Mediterraneo, a causa dell’impossibilità di farlo legalmente e in sicurezza.

    Per questo, dopo il cambio di equipaggio e il rifornimento, l’Open Arms riprenderà il suo viaggio verso il Mediterraneo centrale nella Missione 101.

    Perché proteggere le vite in pericolo è la nostra missione, il nostro impegno e la nostra responsabilità. Oggi, più che mai, sei fondamentale per la nostra squadra e abbiamo bisogno che tu sia con noi in ogni missione. Senza il tuo sostegno, non sarà possibile.

     

    Autore delle foto:
    Joan Mateu Parra

  • La nave Open Arms ritorna nel Mediterraneo centrale per la Missione 100

    La nave Open Arms ritorna nel Mediterraneo centrale per la Missione 100

    Proteggere vite in pericolo è la nostra missione, il nostro impegno e il nostro obbligo. Perché quando in mare c’è in gioco la vita delle persone, ci sono solo due opzioni: proteggerle o lasciarle morire.

    Dal 2014, più di 26.912 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo, che è diventato la più grande fossa comune del pianeta. Per questo torniamo lì, perché soccorrere significa salvare vite, ma anche garantire loro la dignità a cui hanno diritto tutte le persone, da qualunque parte provengano.

    Oggi più che mai hai un ruolo fondamentale nella nostra squadra e abbiamo bisogno di te in ogni missione. Senza il tuo supporto, non ce la faremmo.

  • Emergenza terremoto in Siria: Primo volo umanitario con forniture mediche organizzato da Open Arms

    Emergenza terremoto in Siria: Primo volo umanitario con forniture mediche organizzato da Open Arms

    Nelle ore immediatamente successive al sisma, un team di Open Arms e SAR Navarra (ONG spagnola specializzata in emergenze e catastrofi) si è recato in missione di analisi e valutazione (EDAN) nelle zone più colpite dal sisma nella Siria nordoccidentale, un luogo controllato da gruppi contrari al regime di Bashar al-Assad e martoriato da più di 12 anni di conflitto.

    La peggiore catastrofe naturale nella regione in più di un secolo

    Il team ha potuto comprovare la gravissima situazione in cui versava la regione e l’abbandono da parte della comunità internazionale nei giorni successivi al terremoto.

    Per questo motivo, in virtù dell’alleanza strategica con l’organizzazione Solidaire, e in collaborazione con SAR-Navarra e l’Associazione per il sostegno del popolo siriano (AAPP), nei giorni scorsi abbiamo effettuato un primo volo umanitario nell’area terremotata con 24 tonnellate di aiuti umanitari, oltre ad apparecchiature sanitarie e ortopediche.

    Dopo aver ricevuto le richieste urgenti dell’ospedale Aqrabat, dell’ospedale Al-Shifaa e dell’Atmeh Charity Hospital, situati nelle aree siriane più colpite dal terremoto, abbiamo consegnato attrezzature mediche, ecografi, strumenti per interventi chirurgici, tra gli altri materiali, ai loro medici.

    Ci siamo inoltre recati nel campo profughi di Jinderes, che ospita migliaia di senzatetto in tende da campo, e abbiamo consegnato generi di prima necessità (kit da cucina e cibo) a 500 famiglie.

    Questa è stata la prima di una serie di iniziative umanitarie che realizzeremo a breve ed è stata possibile grazie a tutte le persone che hanno dato il proprio contributo in questa emergenza.

    Considerando che le conseguenze di questo tragico terremoto si protrarranno per molto tempo ancora, contiamo di effettuare diversi voli nelle prossime settimane. Per questo il tuo sostegno è fondamentale per salvare vite umane in questa emergenza umanitaria.

     

    Aiutaci a salvare vite in Siria.

    DONA

  • “La Ragazza del Napalm” a bordo del decimo volo umanitario di Open Arms

    “La Ragazza del Napalm” a bordo del decimo volo umanitario di Open Arms

    Si tratta del decimo volo umanitario effettuato da Open Arms per rispondere all’emergenza in Ucraina. È stato possibile grazie all’impegno di Solidaire, in collaborazione con DKV Integralia Foundation e con il supporto del Saskatchewan-Ukraine Response Team del governo della provincia canadese del Saskatchewan.

    A partire da oggi, le persone e più di 90 famiglie con 26 minori e 8 bambini  a bordo, potranno iniziare una nuova vita lontano dalle atrocità di un conflitto iniziato più di 4 mesi fa. 

     

    Nel 1972 il grido di dolore di quella ragazza, di nome Kim Phuc Phan Thi, che allora aveva solo 9 anni, raggiunse milioni di persone, chiedendo giustizia per tutte le vittime innocenti e contribuendo a porre fine all’orrore del conflitto.

    “Quella foto mi ha attraversato nell’adolescenza e ricordo che mi ha trasformato. Non riuscivo a capire come potessero farlo, è stato uno dei momenti più drammatici della mia vita. E ora poterla ospitare sull’aereo sento che chiude il cerchio, stiamo riparando qualcosa, stiamo facendo qualcosa”, dice Enrique Piñeyro, che ha invitato Kim a recarsi in Canada su questo volo umanitario. “La sua è una bandiera contro la guerra. Quello che stiamo dicendo è che le guerre sono sempre le stesse, sia che le inizi John F. Kennedy o Vladimir Putin. È un orrore contro l’umanità, si bombardano sempre scuole, civili, ospedali, si uccidono persone innocenti. E sono decisioni di un politico che alza il telefono, dà l’ordine di iniziare le ostilità e poi ignora le reali conseguenze”, ha concluso E Piñeyro.

     

    Kim Phuc Phan Thi è da anni una donna impegnata per la pace e contro tutti i conflitti armati nel mondo e siamo orgogliosi che ci abbia accompagnato nel nostro decimo corridoio umanitario, da Varsavia a Regina, in Canada. “Mi commuove molto. Sono così grata di essere rimasta in vita”, dice Kim a bordo del volo.  “Sono passati cinquant’anni, è un’emozione forte, ma l’idea di Enrique di portarmi nel passato e trasformare questo in un messaggio di pace è così bella. Sono molto grata a lui, a Solidaire, a Open Arms. Questo è il mio sogno, il mio scopo, la ragione per cui sono ancora viva”.

    Da marzo, Open Arms è stata in grado di portare in salvo più di 2.000 rifugiati ucraini, per lo più anziani e madri con bambini, e  intere famiglie, nei luoghi di accoglienza, dove potranno vivere in pace.

     

    “La fotografia di Kim servì, nel 1972, a denunciare l’uso del napalm contro la popolazione civile durante la guerra in Vietnam. La fotografia del piccolo Aylan Kurdi, annegato mentre cercava di  raggiungere le coste greche con la sua famiglia, ha portato alla creazione di Open Arms, questa piccola ONG senza scopo di lucro che è riuscita a salvare più di 62.000 vite nell’Egeo e nel Mediterraneo in 6 anni”, afferma Oscar Camps, fondatore e direttore di Open Arms,  a bordo dell’aeromobile. 

    “50 anni dopo la fotografia di Phan Thi Kim Phuc possiamo chiederci: può una fotografia cambiare il corso della storia? Oggi la nostra organizzazione, che è nata da un’immagine, vola da Varsavia al Canada, luogo di rifugio per le 236 persone in fuga dalla guerra in Ucraina. Viviamo in un mondo con 63 conflitti armati attivi, tutte le vittime contano? Com’è possibile che immagini come quelle che vediamo ogni giorno nel Mediterraneo, in Ucraina, a Melilla, non ci facciano dire basta, non ci spingano a porre fine alla violenza sistematica? ” chiede il fondatore di Open Arms.

  • Continuiamo in Ucraina e torniamo nel Mediterraneo

    Continuiamo in Ucraina e torniamo nel Mediterraneo

    Grazie all’alleanza con l’organizzazione World Central Kitchen, fondata dallo chef spagnolo José Andrés, venerdì scorso il nostro vecchio rimorchiatore Open Arms ha sbarcato 24 tonnellate di cibo in un porto della regione di Odessa, in Ucraina, una zona particolarmente colpita dal conflitto a causa della vicinanza dei combattimenti.

    Non è stata un’operazione facile. Abbiamo navigato per giorni attraverso il Mediterraneo, l’Egeo, il Mar Nero, il Mar di Marmara e il Danubio, superando molte avversità tecniche, amministrative e logistiche. Ma alla fine siamo riusciti a portare il cibo alle persone più vulnerabili intrappolate in una delle zone più svantaggiate del paese. 

    Parallelamente, abbiamo evacuato più di 1.500 rifugiati su 7 diversi voli diretti a Barcellona, Madrid, Roma e Buenos Aires, grazie alla creazione di un corridoio aereo umanitario da Varsavia (Polonia), in collaborazione con l’organizzazione Solidaire. L’ultima evacuazione ha avuto luogo solo una settimana fa con 238 rifugiati a bordo, per lo più anziani e donne con bambini, che, grazie a diverse organizzazioni della società civile, hanno ricevuto un’accoglienza dignitosa. Altri voli sono previsti per le prossime settimane.

    Inoltre, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, abbiamo inviato 29 camion con più di 350 tonnellate di aiuti umanitari per la popolazione civile per contribuire ad alleviare la situazione nel paese.

    E continuiamo con il progetto Doctors for Ukraine (doctorsforukraine.org), in alleanza con DKV Seguros, con cui offriamo assistenza medica digitale gratuita alla popolazione colpita dal conflitto in Ucraina.

    Non dimentichiamo il Mediterraneo

    Anche se tutta l’attenzione mediatica si concentra sull’Europa dell’Est, non dimentichiamo le vittime in altre zone di conflitto e tragedie come quella del Mediterraneo centrale. Una guerra invisibile e spesso taciuta.

    Con poche risorse ma molta determinazione, abbiamo finora salvato più di 62.000 persone, ma il mare continua a inghiottire vite innocenti.

    Ecco perché, in linea con il nostro impegno di non lasciare nessuna vita alla deriva, stiamo tornando nel Mediterraneo centrale. Domenica il nostro veliero Astral salperà per una missione di osservazione, sorveglianza e denuncia verso la più grande fossa comune del pianeta. 

    Contiamo su di te per proteggere le loro vite.

    Oggi più che mai, abbiamo bisogno del tuo sostegno per continuare a proteggere le vite di coloro che fuggono dalla guerra, dalla persecuzione e dalla povertà. Senza di te, non sarebbe possibile.

  • Tre voli umanitari #EmergenzaUcraina

    Tre voli umanitari #EmergenzaUcraina

    In Italia, fondamentale il protocollo siglato con Caritas Italiana che oltre a coordinare insieme a noi gli imbarchi, ha garantito l’accoglienza delle persone, per lo più donne, bambini e anziani, sul territorio italiano grazie alla disponibilità di 20 diocesi che forniranno ospitalità e assistenza durante il soggiorno nel paese. 

    In Spagna fondamentale invece il supporto del Comune di Badalona, Comune di Guissona, la Fundació Convent de Santa Clara e Mensajeros por la Paz.

    Importantissimo inoltre il sostegno ricevuto dalla Fundación Pro style in Polonia, e dalle organizzazioni polacche Audax, Integtalia ed Ergo Hestia che si sono messe a disposizione, fornendo volontarie e volontari nonché traduttori e traduttrici. 

    Open Arms rimarrà a Varsavia con parte del suo staff per continuare ad essere sul campo e comprendere le necessità legate al conflitto con l’obiettivo di organizzare altri corridoi umanitari grazie all’impiego del Boeing 787-8 Dreamline in grado di ospitare fino a 250 persone su ciascun volo. 

    Come abbiamo ribadito spesso, la nostra missione è salvare vite, che sia nel Mediterraneo centrale o alla frontiera di un paese in Guerra, siamo dove c’è bisogno di noi per difendere i diritti, la dignità e l’incolumità di ogni essere umano. Ci auguriamo che questa tragica guerra, che ha costretto milioni di persone a spostarsi verso l’Europa, sia l’occasione per ripensare le politiche migratorie europee e per affermare, una volta per tutte, che le vite sono tutte uguali e vanno egualmente protette

  • Primo volo umanitario: #UcrainaEmergenza

    Primo volo umanitario: #UcrainaEmergenza

    Grazie alla partnership tra Open Arms e Solidaire e alla collaborazione con diverse associazioni che si occupano di accoglienza ai rifugiati, siamo riusciti a far decollare il primo volo umanitario per l’Ucraina sabato scorso, 12 marzo, da Varsavia in Polonia. Un Boeing 787-8 Dreamliner diretto a Barcellona e poi a Madrid con a bordo 222 persone che saranno trasferite negli spazi di accoglienza di destinazione. A questa operazione seguiranno nei prossimi giorni altri voli verso l’Italia, sui quali stiamo lavorando con i nostri partner in queste ore. 

    Da alcuni giorni Open Arms è anche responsabile del coordinamento della logistica di emergenza nell’area metropolitana di Barcellona per la spedizione via terra di forniture mediche di emergenza, generi di prima necessità e cibo. Tutte le operazioni avvengono sotto il coordinamento dell’ambasciata ucraina in Spagna e in collaborazione con diversi enti. Diversi camion hanno già raggiunto la loro destinazione, sia nelle zone interne dell’Ucraina che nelle città vicino al confine, e nei prossimi giorni continueranno a essere inviati camion per alleviare, per quanto possibile, le carenze della popolazione civile, i più colpiti da questo conflitto.

    Il governo russo non si ferma e dobbiamo reperire maggiori fondi per rispondere con le nostre iniziative all’emergenza Ucraina. 

    Per questo abbiamo lanciato sul nostro sito una raccolta fondi per sostenere i costi di queste missioni:

    https://www.openarms.es/ucraina/ 

    Contiamo su di te per proteggere le loro vite.